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Simone Piccardi, 06-05-2024 15:15
Backup con BackupPC¶
BackupPC è una piattaforma libera (Open Source) per la gestione dei backup via rete, che consente di centraliizzare i backup aziendali su un server dedicato. Il sistema supporta funzionalità avanzate la gestione delle modalità di backup (integrali e differenziali), le impostazioni per la data retention, la deduplicazione dei dati per un minore consumo di spazio disco, notifiche via email, e molto altro. Fornisce inoltre una comoda interfaccia di gestione via web che consente con una discreta facilità d'uso anche lato utente. Un grande vantaggio di BackupPC è che non è necessario installare nessun agent proprietario sui PC di cui si effettua il backup, in quanto tutto l'accesso può essere eseguito tramite l'uso di comandi standard di sistema come rsync
o tar
(via SSH) per le macchine unix/Linux e delle condivisioni via rete (protocollo SMB/CIFS) per le macchine Windows.
Installazione¶
Il progetto fornisce i sorgenti ma è supportato direttamente da diverse distribuzioni linux, e la modalità consigliata per l'installazione è quella di usare i pacchetti della propria distribuzione. Nel caso di Debian e derivate l'installazione può essere effettuata semplicemente con il comando:
apt-get install backuppc
inoltre può essere utile per la diagnostica installare alcuni dei pacchetti suggeriti, che di default non vengono installati, con:
apt-get install rsync par2 cifs-utils librrds-perl
All'installazione del pacchetto vengono richieste alcune scelte di configurazione, in particolare viene proposta l'auto-configurazione del programma con il server Web Apache (che verrà installato e configurato insieme al pacchetto), con una richiesta come:
a cui (a parte esigenze specifiche di usare altro rispetto ad Apache) si dovrà rispondere affermativamente. Una volta fatto questo ci verrà riportato come accedere all'interfaccia web, con il realtivo link (nel seguente esempio un dominio fittizio interno, http://bookworm.fi.trl
, ma potrà essere effettuato in generale con qualunque nome a dominio possa esser raggiunta la macchina su cui si installa). Viene inoltre riportato l'username da usare per l'accesso (impostato al default backuppc
) ed la relativa password generata automaticamente (che è opportuno segnarsi, anche se può comunque esser cambiata in un qualunque momento successivo):
Gestione utenti¶
L'accesso al programma infatti deve essere sempre autenticato, e si possono avere diversi utenti, a cui è possibile demandare operazioni in maniera ristretta (torneremo su questo più avanti). Questi accessi vengono effettuati con l'autenticazione HTTP standard, e il meccanismo di auto-configurazione del pacchetto prevede che i dati relativi siano mantenuti nei classici file htpasswd
, gestibili tramite il comando omonimo. In particolare nella configurazione generata dal pacchetto viene usato il file /etc/backuppc/htpasswd
e come indicato nella schermata precedente si potrà cambiare la password preimpostata con il comando:
root@bookworm:~# htpasswd /etc/backuppc/htpasswd backuppc New password: Re-type new password: Updating password for user backuppc
si potranno eventualmente creare un nuovo utente con:
root@bookworm:~# htpasswd /etc/backuppc/htpasswd nuovoutente New password: Re-type new password: Adding password for user nuovoutente
e cancellarne uno da rimuovere con:
htpasswd -root@bookworm:~# htpasswd -D /etc/backuppc/htpasswd vecchioutente Deleting password for user vecchioutente
Configurazione di Apache¶
L'installazione di default di BackupPC consente l'accesso all'interfaccia web di gestione soltanto in locale, dalla macchina stessa su cui lo si installa; l'autenticazione HTTP infatti esegue la trasmissione delle credenziali in chiaro, e pertanto non è sicura fintanto che non si sia configurato Apache per l'uso di HTTPs. Questo non viene fatto di default, richiedendo l'utilizzo di appropriati certificati SSL, si può comunque attivare l'uso del protocollo HTTPS a scopo di test usando un certificato autogenerato; per questo occorre prima attivare il modulo ssl
con:
root@bookworm:~# a2enmod ssl Considering dependency setenvif for ssl: Module setenvif already enabled Considering dependency mime for ssl: Module mime already enabled Considering dependency socache_shmcb for ssl: Enabling module socache_shmcb. Enabling module ssl. See /usr/share/doc/apache2/README.Debian.gz on how to configure SSL and create self-signed certificates. To activate the new configuration, you need to run: systemctl restart apache2
e poi abilitare un virtual host che consenta l'accesso in HTTPs sulla porta 443, l'istallazione di Apache su Debian ne fornisce uno di default, inattivo, che potrà essere abilitato con:
root@bookworm:~# a2ensite default-ssl Enabling site default-ssl. To activate the new configuration, you need to run: systemctl reload apache2
A questo punto si dovrà riavviare Apache con systemctl restart apache2
(il restart è necessario per poter utilizzare la posta 443) e si potrà raggiungere la macchina con https://bookworm.fi.trl
, ma avendo usato un certificato SSL autogenerato, questo non verrà considerato valido dai browser e dovrà essere accettato esplicitamente impostando una eccezione. Per una configurazione di SSL valida in generale si rimanda a questo articolo.
Una volta abilitato l'uso di SSL da parte di Apache, occorrerà modificare la configurazione di BackupPC per consentire l'accesso anche da remoto. La configurazione di Apache che contiene tutte le direttive necessarie per il funzionamento di BackupPC viene mantenuta nel file /etc/backuppc/apache.conf
, ma viene utilizzata con il sistema di gestione previsto per le estensioni di configurazione di Apache, con un link simbolico creato automaticamente in /etc/apache2/conf-available/
e poi abilitato su /etc/apache2/conf-enabled/
. Pertanto ogni cambiamento di configurazione dovrà essere eseguito sul file /etc/backuppc/apache.conf
, ricordandosi che per renderlo effettivo occorre richiedere la rilettura ad Apache, con il comando systemctl reload apache2
.
Per consentire l'accesso da remoto occorrerà anzitutto eliminare la restrizione all'accesso soltanto locale, commentando, come scritto nel file di configurazione stesso, la riga Require local
; al contempo occorrerà de-commentare la precedente riga #SSLRequireSSL
per evitare di collegarsi in chiaro. Si tenga presente infine che l'uso del file /etc/backuppc/apache.conf
è soltanto uno fra i possibili meccanismi per gestire gli utenti fornito da Apache, qualora si disponga ad esempio di un meccanismo di autenticazione centralizzata che supporta LDAP si potrà usare lo stesso sostituendo la riga AuthUserFile /etc/backuppc/htpasswd
con una configurazione del tipo (per i dettagli sulle direttive e i moduli necessari per il funzionamento si veda Apache22DavLdap):
AuthBasicProvider ldap AuthzLDAPAuthoritative off AuthLDAPURL ldap://127.0.0.1/ou=People,dc=truelite,dc=it
La configurazione del servizio¶
Il passo successivo è la configurazione del programma. Questa è mantenuta, insieme a tutti gli altri file, in /etc/backuppc
, il file principale è config.pl
, che contiene la definizione di una serie di variabili (nel linguaggio Perl), con le quali viene controllato il comportamento del programma. Il file è ben commentato, e le variabili sono numerosissime, per cui ci concentreremo solo sul sottoinsieme di quelle utilizzate nei vari file di configurazione relativi alle singole macchine.
Il file config.pl
contiene infatti i valori di default, usati in maniera generica quando non ve ne sono indicati di specifici, il sistema infatti richiede che si indichi nel file hosts
l'elenco delle macchine di cui si vuole effettuale il backup (in genere usando il relativo hostname) e poi si inseriscano le chiavi di configurazione specifiche da applicare per ciascuna di esse in un corrispondente file hostname.pl
. Il pacchetto Debian ad esempio inserisce un localhost.pl
per il backup locale delle configurazioni.
Per quanto riguarda config.pl
la direttiva probabilmente più significativa è FullKeepCnt
che indica quanti backup completi mantenere. Il default è uno, che indica uno solo per settimana ma si può richiedere un periodo più lungo specificando un array di valori, questo ha un significato complicato in cui ogni numero successivo al primo indica il numero di backup completi da mantenere per il successivo multiplo di due settimane, ad esempio indicando:
$Conf{FullKeepCnt} = [4, 0, 12];
si richiedono quattro copie dei backup completi a cadenza settimanale, nessuna copia per i backup completi a cadenza bisettimanale e 12 copie dei backup completi a cadenza circa mensile (ad esser precisi quadrisettimanale).
Il file hosts
ha un formato diviso in quattro colonne, la prima colonna indica il nome della macchina, questo deve poter essere risolto direttamente (si fa riferimento o ad un hostname nel proprio dominio, o a un nome di una macchina Windows risolvibile via netbios). La seconda colonna indica se deve essere fatta o meno una ricerca netbios sul range fornito dal DHCP, ed in genere deve restare impostata a zero. Il terzo campo indica l'utente (locale) per conto del quale viene eseguito il backup (usato pure per l'accesso all'interfaccia web). Se ne possono specificare altri, sempre per username, in un elenco separato da virgole nella quarta ed ultima colonna. Un esempio di questo file potrebbe essere il seguente:
... host dhcp user moreUsers # <--- do not edit this line ... localhost 0 backuppc client 0 backuppc
Utilizzando per hosts
l'esempio precedente le configurazioni specifiche per la macchina client
dovranno essere inserite nel file client.pl
. Come accennato, si tratterà di modificare solo le configurazioni attinenti alla tipologia di backup da eseguire, in questo caso la prima variabile utilizzata è XferMethod
, che indica come eseguire il backup e può assumere quattro valori; quelli più usati sono comunque rsync
per il backup attraverso rsync
e tar
per il backup attraverso l'omonimo comando. Il primo è più efficiente per i trasferimenti via rete, ma quando si deve eseguire un backup di moltissimi file, comporta un grande consumo di memoria per cui spesso si rivela troppo lento e problematico per la macchina ospite.
Dopo aver indicato il metodo da usare occorre indicare di quali directory si vuole eseguire il backup, in tal caso le variabili di controllo sono due, TarShareName
se si usa il metodo tar
e RsyncShareName
se si usa rsync
, entrambe prendono come valore un array di pathnames. Se allora si intende usare il comando tar
il file di configurazione del nostro client.pl
sarà qualcosa del tipo:
$Conf{XferMethod} = 'tar'; $Conf{TarShareName} = [ '/etc', '/var', '/home', '/root' ]; $Conf{BackupFilesExclude} = [ '/var/cache', '/var/run' ];
Si tenga presente comunque che tutti questi file possono essere anche creati e modificati direttamente dall'interfaccia web (motivo per cui i suddetti file appartengono all'utente backuppc
ed hanno come gruppo www-data
). Se li si creano manualmente si abbia cura, se si vuole poterli modificare in seguito via web, di impostarne correttamente utente e gruppo proprietario.
Per poter eseguire i backup, sia che si usi il metodo rsync
sia che si usi il metodo tar
comunque si deve passare attraverso SSH, per questo sarà necessario installare una chiave per l'accesso alle macchine remote di cui si vuole fare il backup, questo richiede che si generi sul server una coppia di chiavi per l'utente backuppc
(o per l'utente col quale si vuole effettuare il backup come indicato in hosts
) per farlo si potranno usare i comandi:
su - backuppc ssh-keygen
avendo cura di mettere una password vuota per la chiave.
Per poter effettuare il collegamento si dovrà poi copiare sulle macchine di cui si vuole fare il backup la suddetta chiave nel file .ssh/authorized_keys
nella home dell'utente remoto usato per il backup (in una configurazione elementare root
per avere accesso a tutti i file). Si tenga presente che se si usa il metodo rsync
detto programma deve essere installato anche sulla macchina di cui si vuole effettuare il backup.
Ci si ricordi inoltre di effettuare una connessione di prova verso ciascuna macchina remota, per accettare la chiave del server SSH della stessa; questa operazione dovrà essere eseguita manualmente una priva volta per tutte le macchine a cui ci si deve collegare, in modo da generare la voce di .ssh/known_hosts
che le identifica come server noti, altrimenti si otterrà un fallimento dei backup per l'impossibilità di eseguire l'accettazione in modalità non interattiva.
Modifica della directory dove si mantengono i dati¶
Il programma mantiene i dati del backup in /var/lib/backuppc
, questo significa che si deve avere spazio sufficiente sul filesystem di /var
per i backup. Se si desidera allocare lo spazio su una partizione separata si deve spostare la directory sunnominata nella destinazione voluta, inserendo al suo posto un link simbolico verso la nuova collocazione.
Impostazioni per la sicurezza dell'accesso ai client¶
Dato che la compromissione del server con BackupPC comporterebbe anche la possibilità di ottenere la chiave privata dell'utente backuppc
, un accesso indiscriminato di quest'ultimo ai dati dei client è da evitare. Per questo esistono diversi approcci, miranti a ridurre le possibilità di abuso, ed evitare che una compromissione del server di backup dia accesso completo anche alle macchine di cui si fanno i backup.
Il primo approccio è quello in cui si cerca di evitare l'uso di root
come utente sulla macchina di cui si vuole effettuare il backup, quello che serve infatti è soltanto poter eseguire il comando di backup con privilegi di amministratore, per questo la procedura più corretta è creare su questa un utente non privilegiato da usare per i backup e ricorrere a sudo
per consentire a questo l'esecuzione del comando necessario.
In questo caso si può creare anche sulla macchina di cui eseguire il backup un utente backuppc
, poi si dovrà copiare nella .ssh/authorized_keys
della sua home la chiave pubblica precedentemente creata, ed infine configurare sudo
. In questo caso, posto che si intenda utilizzare per il backup il metodo tar
, occorrerà aggiungere a /etc/sudoers
una riga:
backuppc ALL=NOPASSWD: /bin/tar -c *
che consente solo la creazione di archivi. Occorrerà poi modificare la variabile TarClientCmd
nella configurazione di BackupPC aggiungendo a client.pl
qualcosa del tipo:
$Conf{TarClientCmd} = '$sshPath -q -x -n -l backuppc $host' . ' env LC_ALL=C /usr/bin/sudo $tarPath -c -v -f - -C $shareName+' . ' --totals';
ci si ricordi inoltre eseguire almeno una volta la prova di funzionamento del comando con qualcosa del tipo:
su backuppc /usr/bin/ssh -q -x -n -l backuppc client env LC_ALL=C /usr/bin/sudo /bin/tar -c -v -f - -C /etc .
Un secondo approccio, più sicuro, ma utilizzabile però soltanto con il metodo rsync
, è quello che si appoggia allo script rrsync
distribuito insieme al programma rsync
, che consente di restringere l'utilizzo di quest'ultimo in modo da dare accesso in sola lettura (eventualmente ad una singola directory). Lo script è distribuito in /usr/share/doc/rsync/scripts/rrsync.gz
con il pacchetto di rsync
, ma la versione di Jessie manca dell'abilitazione di alcune opzioni necessarie per BackupPC (vedi https://lists.samba.org/archive/rsync/2014-September/029647.html), il patch citato è stato applicato alla versione allegata a questa pagina.
In questo caso non è necessario usare sudo
, in quanto rrsync
è stato scritto per essere usato come comando di accesso per SSH. Si tratta cioè di appoggiarsi ad una funzionalità presente nell'autenticazione a chiavi di SSH, che consente di specificare, in testa alla linea di .ssh/authorized_keys
che fornisce accesso con la chiave di un utente, una serie di restrizioni (per i dettagli si consulti la pagina di manuale di sshd
).
Fra queste restrizioni c'è la possibilità di indicare un comando che verrà utilizzato quando viene effettuato l'accesso, al posto di quello inviato nella riga di comando di ssh
(il quale sarà passato nella variabile di ambiente SSH_ORIGINAL_COMMAND
). In questo modo non si avrà mai un accesso alla shell, in quanto rrsync
consente solo di eseguire rsync
(neanche /usr/bin/rsync
, pertanto occorrerà impostare per la macchina la variabile di configurazione $Conf{RsyncClientPath} = 'rsync'
). Lo script inoltre prende come argomento una directory, alla quale viene ristretto l'accesso, e l'opzione facoltativa -ro
, che blocca l'accesso in sola lettura.
Per poter utilizzare questo secondo approccio, a parte la modifica alla configurazione citata, tutto quello che serve è preporre alla chiave pubblica di backuppc
inserita in .ssh/authorized_keys
sulla macchina di cui fare il backup la seguente stringa:
command="nice -n 19 ionice -c 3 /usr/local/bin/rrsync -ro /",no-agent-forwarding,no-port-forwarding,no-pty,no-user-rc,no-X11-forwarding
(cui far seguire, separato da uno spazio, il contenuto della chiave pubblica).
In questo esempio, invece di invocare direttamente lo script rrsync
, si è preferito un passaggio preliminare da nice
e ionice
per ridurre il carico dell'esecuzione del backup sulla macchina, e poi con rrsync
si è dato accesso a qualunque file in sola lettura. Le ulteriori opzioni indicate consentono di eliminare tutte le funzionalità aggiuntive di SSH che potrebbero essere usate in caso di compromissione della chiave ma che non servono per l'esecuzione di un backup.
Si verifichi inoltre che sulla macchina di cui si fanno i backup la localizzazione (da dpkg-reconfigure locales
) sia correttamente impostata, altrimenti lo script /usr/local/bin/rrsync
risponderà con un errore di mancata configurazione del locale bloccando la comunicazione con il server subito dopo l'avvio del backup, senza che nulla venga trasmesso. Si può verificare la sussistenza del problema andando ad esaminare dall'interfaccia web gli errori dell'ultimo XferLog, dove comparirà qualcosa come:
Got remote protocol 1819436400 Fatal error (bad version): perl: warning: Setting locale failed. perl: warning: Please check that your locale settings: LANGUAGE = (unset), LC_ALL = (unset),
Si tenga presente che entrambi gli approcci (tar
via sudo
o chiave SSH con limitazioni) non consentono a BackupPC di scrivere sulla macchina remota di cui esegue il backup, pertanto non sarà possibile utilizzare la funzionalità di ripristino direttamente sulla destinazione fornita dalla piattaforma. Nel caso la perdita di questa funzionalità comporti un aggravio amministrativo non giustificato da un rischio di compromissione ritenuto sufficientemente ridotto, nella seconda delle due ipotesi si può riabilitare la scrittura (anche in forma temporanea) rimuovendo l'opzione -ro
dagli argomenti di rrsync
.
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