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La gestione di macchine virtuali Debian su Proxmox con cloud-init

Proxmox VE è una potente piattaforma di virtualizzazione che consente di sostituire senza problemi, e senza costi di licenza, VmWare, supportando configurazioni avanzate, come clustering, HA, iperconvergenza, e molto altro. Ha inoltre il vantaggio di poter utilizzare sia le classiche macchine virtuali, su cui installare qualunque sistema operativo, che il nuovo approccio, più veloce ed efficiente, dei container Linux.

Fin dalla versione 5 Proxmox ha aggiunto il supporto di cloud-init, uno standard per la gestione dell'inizializzazione delle macchine virtuali supportato dai maggiori fornitori di cloud pubblici, che consente di gestire direttamente dalla piattaforma una serie di impostazioni relative alle istanze messe in esecuzione, come la configurazione di rete, la definizione degli accessi SSH, la gestione di utenti e relative credenziali, ecc. Grazie a questo meccanismo diventa possibile usare dei template da cui creare e configurare in maniera rapida ed efficace più istanze di macchine virtuali pronte all'uso. Vedremo come realizzare una immagine utilizzabile come template per gestire macchine virtuali installate con Debian.

Uso dell'immagine cloud-init predisposta da Debian

Una scelta possibile anche per l'uso da parte di Proxmox, è quella di usare una delle immagini predisposte per il cloud fra quelle messe a disposizione direttamente da Debian. Sono state pubblicate infatti delle immagini non ufficiali, scaricabili a partire da https://cloud.debian.org/images/cloud, in particolare per Proxmox servono quelle denominate genericloud. Dato che le immagini non sono ufficiali, sono generate periodicamente e le si dovranno cercare nella opportuna sottodirectory. Ad esempio quelle per Debian 12 Bookworm si dovranno scaricare dalla sottodirectory bookworm, scegliendo in genere la più recente: in sostanza si dovrà andare a cercare in https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest.

In questa directory ci sono diversi file; le immagini infatti sono generate per più piattaforme hardware, ed in diversi formati. Per l'uso da parte di Proxmox occorrerà selezionarne una per amd64; si può prendere sia quella nel formato .raw che nel formato .qcow2, ma quest'ultima è preferibile per le minori dimensioni ed anche perché, qualora venisse usata direttamente come immagine disco, è già pronta per le funzionalità avanzate di gestione da parte di Proxmox, come gli snapshot. Pertanto la si potrà scaricare con:

wget https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest/debian-12-genericcloud-amd64.qcow2

insieme all'immagine si scarichi il file con le relative checksum:

wget https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest/SHA512SUMS

e si passi a verificare il tutto con il comando:

sha512sum -c SHA512SUMS --ignore-missing 

Come primo passo occorre creare una macchina virtuale, ne vanno impostate anzitutto memoria e tipo di rete, facendo riferimento ad una (o più) delle interfacce di bridge disponibili a seconda di dove la si vuole creare di default. Il bridge potrà comunque essere cambiato in seguito, e se ne possono indicare più di uno se servono più interfacce, come pure li si possono aggiungere. Mantenendosi nel caso più semplice, con una sola interfaccia di rete questo si fa, utilizzando un VMID (identificativo della macchina virtuale, da usare con i comandi di Proxmox) non allocato, con qualcosa come:

qm create 4242 --memory 1024 --net0 virtio,bridge=vmbr0 # --net1 virtio,bridge=vmbr1 #,  etc.

dove qualora si vogliano più interfacce di rete le si potranno aggiungere come nella parte lasciata come commento; si potrà poi ottenere il disco della nostra macchina virtuale importando nello storage di Proxmox l'immagine appena scaricata, in questo caso se si sta usando LVM come backend per i dischi associato allo storage local-lvm (come avviene in una installazione di default di Proxmox) lo si potrà fare eseguendo:

root@proxmox ~ # qm importdisk 4242 debian-12-genericcloud-amd64.qcow2 local-lvm
importing disk 'debian-12-genericcloud-amd64.qcow2' to VM 4242 ...
  Logical volume "vm-4242-disk-0" created.
transferred 0.0 B of 2.0 GiB (0.00%)
transferred 20.5 MiB of 2.0 GiB (1.00%)
...
transferred 2.0 GiB of 2.0 GiB (100.00%)
Successfully imported disk as 'unused0:local-lvm:vm-4242-disk-0'

(si potrà usare al posto di local-lvm qualunque altro tipo di storage configurato su Proxmox). Questo creerà l'immagine del disco con lo stesso schema di denominazione usato nella creazione delle macchine virtuali dall'interfaccia web (vm-4242-disk-0), convertendo il contenuto del file scaricato (si possono convertire tutti i formati supportati da qemu-img, primi fa tutti .raw e .qcow2); per poter usare il disco nella macchina virtuale precedentemente creata occorrerà poi collegarcelo, con il comando:

root@proxmox ~ # qm set 4242 --scsihw virtio-scsi-pci --scsi0 local-lvm:vm-4242-disk-0,discard=on
update VM 4242: -scsi0 local-lvm:vm-4242-disk-0,discard=on -scsihw virtio-scsi-pci

(si ometta il ,discard=on se lo storage utilizzato non supporta l'uso di discard).

Si dovranno poi impostare due ulteriori caratteristiche della macchina virtuale, per abilitare l'uso di cloud-init ed impostare l'avvio dal disco, con:

qm set 4242 --ide2 local-lvm:cloudinit
qm set 4242 --boot c --bootdisk scsi0

in questo modo si predispone l'immagine di un CD su cui verranno salvate le configurazioni della macchina da passare a cloud-init per l'impostazione e si forza l'uso del disco appena collegato come disco di avvio. Si può anche assegnare un nome alla macchina con qm set 4242 --name nome, cosa che si può fare anche direttamente in sede di creazione aggiungendo a qm create l'opzione --name nome.

A questo punto dall'interfaccia web si potrà utilizzare la sezione Cloud-Init relativa alla macchina, e caricare una chiave SSH per l'accesso (Cloud-Init->SSH-Public-Key->Edit->Load SSH Key File). Se poi, come nel nostro caso, si vogliono fare delle modifiche all'immagine prima di trasformarla in template, le si potrà assegnare un indirizzo IP e farla partire. Si tenga presente che l'immagine fornita da Debian non consente un accesso dalla console (tutti gli utenti sono bloccati senza password) per cui la console può essere utilizzata solo per accertarsi di quando il processo di boot è finito e si può provare a collegarsi con SSH.

L'unico possibile accesso alla macchina infatti è via SSH con autenticazione a chiavi, usando la chiave corrispondente a quella che si è caricata come descritto in precedenza. Inoltre l'accesso a root è bloccato (la chiave viene riconosciuta, ma usata per stampare il messaggio di collegarsi con utente debian e l'unico utente disponibile è appunto debian (anche se questo può essere cambiato nella sezione Cloud-Init relativa alla macchina). Si potrà pertanto entrare sulla macchina con ssh debian@IND.IP.DEL.SERVER e poi eseguire sudo -s per ottenere una shell di root.

Dato che questa politica prevede un inutile passaggio attraverso un utente intermedio che ha comunque accesso illimitato via sudo, non dà di per sé nessuna garanzia di sicurezza maggiore rispetto ad un accesso diretto a root, al prezzo di complicare le cose per fare operazioni remote, ad esempio per fare delle copie di file con scp quando queste devono essere effettuate coi privilegi di amministratore sulla macchina stessa. Pertanto è opportuno ripristinare una configurazione che consenta l'accesso SSH a root con autenticazione a chiavi.

Per far questo una volta collegati e ottenuta la shell di root il primo passo sarà quello modificare la configurazione di cloud-init aggiungendo in /etc/cloud/cloud.cfg.d un ulteriore file di configurazione (ad esempio /etc/cloud/cloud.cfg.d/09_enableroot.cfg) con una riga che imposti disable_root da true a false. Il file è in formato YML, e si può usare un contenuto come il seguente, che soprassiede la configurazione di default di /etc/cloud/cloud.cfg (i file inseriti in /etc/cloud/cloud.cfg.d/ sovrascrivono i default):

# If this is set, 'root' will not be able to ssh in and they
# will get a message to login instead as the above $user (debian)
disable_root: false

inoltre occorrerà eliminare dall'authorized_keys di root il prefisso che blocca l'accesso alla chiave che abbiamo impostato per entrare (che non viene modificato una volta che è stato creato, anche se poi si è cambiata la configurazione di cloud-init), occorrerà pertanto cancellare tutta la parte:

no-port-forwarding,no-agent-forwarding,no-X11-forwarding,command="echo 'Please login as the user \"debian\" rather than the user \"root\".';echo;sleep 10" 

lasciando solo i dati della chiave a partire da ssh-rsa.

Si verifichi poi il funzionamento della modifica eseguendo un accesso diretto collegandosi con ssh root@ID.DE.LA.MACCHINA e ci si ricordi anche di mettere una password di root per potersi collegare in console sulla piattaforma di virtualizzazione, eseguendo passwd. A questo punto si potrà passare alle eventuali ulteriori personalizzazioni dell'immagine prima di trasformarla in un template: ne parleremo più avanti.

Creazione di una immagine cloud-init a partire da una installazione ordinaria.

L'immagine preparata da Debian fornisce un sistema già installato e pronto all'uso di cloud-init man anche se le personalizzazioni del sistema che vedremo più avanti saranno comunque applicabili, esistono delle scelte di installazione fatte nella realizzazione dell'immagine che non è possibile modificare in un secondo tempo. Ad esempio il partizionamento del disco, che non prevede una swap, e che mette la directory per EFI in una partizione in coda al disco, oppure l'uso del filesystem ext4. Se si vuole una partizione di swap, se non serve EFI, o se si vogliono usare altri filesystrem come btrfs o xfs, questa non potrà essere usata. Inoltre la configurazione della rete nell'immagine di Debian si appoggia a netplan, che non è detto si voglia utilizzare rispetto allo standard delle installazioni ordinarie (la configurazione in /etc/network/interfaces).

Per questo vedremo come si può creare una immagine configurata per l'uso con di cloud-init partendo da una installazione ordinaria di Debian, che potremo fare nella modalità che più ci aggrada. La complessità di realizzazione in questo caso è maggiore, dovendo fare l'installazione, ma la flessibilità che si può ottenere è nettamente superiore. Pertanto assumeremo di avere installato su Proxmox una macchina virtuale con Debian con il CD per l'installazione via rete (il cosiddetto netinst) seguendo i passi che trattati in questo articolo.

Assumeremo che l’installazione sia stata fatta nella maniera illustrata nell'articolo citato, ricordando che è in quella fase che è possibile cambiare le modalità di partizionamento del disco e l'eventuale filesystem di installazione. Le scelte specifiche che si dovranno fare in fase di installazione di Debian per avere una immagine adeguata al successivo utilizzo come template sono:

  • si imposti per root una password provvisoria per l'accesso, la si potrà rimuovere in seguito, e reimpostare con cloud-init
  • si crei un utente ordinario: debian (o altro, andrà comunque cancellato)
  • si configuri la rete nella maniera più semplice per poter accedere sulla macchina (anche usando un eventuale DHCP), poi verrà gestita da cloud-init
  • si scelga il partizionamento manuale del disco, su cui:
    • creare una prima partizione primaria di circa 4G come swap
    • creare una eventuale seconda partizione primaria se si vuole usare EFI (non necessaria con i default per il bios virtuale di Proxmox)
    • creare una ultima partizione primaria con resto del disco da usare come radice
  • si scelga nella schermata di "Selezione del software" solo "Server SSH " e "Utilità di sistema standard" (il resto si installerà dopo).

In questo modo si avrà un disco partizionato in modo da avere la partizione di sistema in coda al disco, cosa che ne consente una facile espansione, permettendo a cloud-init di allargarla automaticamente una volta che si sia allargato il disco dall'interfaccia di Proxmox. Completata l’installazione di base si potrà passare a preparare l'immagine del server. Dato che l’installazione di default blocca l’accesso in SSH a root con la password, o si usa l’utente ordinario debian creato in fase di installazione e poi si ottiene una shell di root con su o sudo, o ci si collega a root sulla console via web. Tutte le operazioni seguenti sono da eseguirsi collegati come root, se le si vogliono effettuare passando da una connessione SSH occorrerà abilitare da subito l’accesso a root anche con le password, inserendo dentro /etc/ssh/sshd_config.d/root.conf:

# enable root password access
PermitRootLogin yes

e riavviare sshd con service ssh restart. Non è necessario configurare in questa fase l’uso di chiavi SSH, queste possono essere impostate in qualunque momento successivo tramite cloud-init. Una volta che ci si sia ricollegati con successo usando direttamente root (dalla console o SSH), si potrà cancellare l'utente debian usato per l'accesso iniziale che non serve più:

userdel -r debian

A questo punto si potrà installare il pacchetto cloud-init, e configurare il programma. Dato che questo di default impiega resolvconf per la configurazione della rete sarà necessario installare anche questo pacchetto, in sostanza occorrerà eseguire:

apt install cloud-init resolvconf

Si tenga conto che per poter installare i pacchetti la rete deve essere accessibile quindi la macchina deve essere stata configurata correttamente per avere un gateway di uscita ed avere un un DNS funzionante (che deve esser stato impostato, a meno di non avere un DHCP sulla rete che configura le interfacce, durante l'installazione). In generale si potrà sempre impostare manualmente un server DNS valido in /etc/resolv.conf, con un comando come echo nameserver 1.1.1.1 > /etc/resolv.conf.

Una volta installato il pacchetto occorrerà impostare la configurazione di cloud-init per mantenere l'accesso diretto a root. Inoltre avendo eliminato l'utente ordinario debian, per evitare che venga ricreato come previsto nel default della configurazione, occorre anche disabilitarne l'uso. Tutto questo potrà essere fatto aggiungendo un file /etc/cloud/cloud.cfg.d/99_local.cfg con un contenuto come:

# If this is set, 'root' will not be able to ssh in and they
# will get a message to login instead as the above $user (debian)
disable_root: false

# A set of users which may be applied and/or used by various modules
# when a 'default' entry is found it will reference the 'default_user'
# from the distro configuration specified below
users:
   - root

dove di nuovo si blocca la disabilitazione di root e si indica quest'ultimo come unico utente da avere.

Infine andrà modificato il file di configurazione delle interfacce di rete /etc/network/interfaces per evitare che le voci inserite durante l'installazione interferiscano con quelle generate da cloud-init, che di default usa per la configurazione di rete il file in 50-cloud-init.cfg sotto /etc/network/interfaces.d/. In particolare va rimossa la configurazione di tutte le interfacce di rete presenti in /etc/network/interfaces, tranne lo (l'interfaccia di loopback per il localhost), che però va spostata in cima al file perché non sovrascriva quella di cloud-init che imposta su questa interfaccia i DNS con resolvconf. In sostanza /etc/network/interfaces dovrà essere qualcosa del tipo:

# This file describes the network interfaces available on your system
# and how to activate them. For more information, see interfaces(5).

# The loopback network interface
auto lo
iface lo inet loopback

source /etc/network/interfaces.d/*

Una volta fatto questo l'immagine del sistema e pronta e per poterla usare con cloud-init si potrà procedere a creare l'immagine ISO per la gestione dei dati da parte di Proxmox come nel caso precedente, con:

qm set 4242 --ide2 local-lvm:cloudinit

Come ultimo passo si potrà provare ad impostare di nuovo i parametri della rete dall'interfaccia di Proxmox, per poi avviare la macchina per verificarne il funzionamento. Si rimuova eventualmente /etc/ssh/sshd_config.d/root.conf se non si vuole consentire più l'accesso a password con SSH.

Personalizzazione dell'immagine, creazione ed uso di un template

Qualunque sia la modalità con cui si sia realizzata l'immagine cloud-init, una volta che si è verificato il suo corretto funzionamento, e ci si è collegati alla stessa, si potranno effettuare tutte le eventuali personalizzazioni volute prima di trasformarla in template, come l'installazione di pacchetti aggiuntivi, la creazione di utenti specifici (questi potrebbero comunque essere gestiti anche tramite cloud-init), modifiche alle configurazione, ecc. Tutte queste modifiche faranno parte del template e si ritroveranno già pronte sulle macchine ottenute dallo stesso.

Una volta completate le personalizzazioni è opportuno ripulire l’immagine da tutti i dati spuri, cancellare la cache di APT, svuotare i file di log, ecc. Per questo si sconnetta e ci si riconnetta (sempre come root) eseguendo il comando:

# set +o history

che consente di disabilitare la history, che cancelleremo insieme a tutto il resto, eseguendo i comandi:

> .bash_history
apt clean
find /etc -name "*~" -delete
journalctl --rotate
journalctl --vacuum-time=1s
fstrim /
cd /var/log/
> syslog
> auth.log
> cloud-init.log
> cloud-init-output.log
> debug
> dpkg.log
> messages
> kern.log
> user.log
> daemon.log
> installer/syslog
> wtmp
> btmp

A questo punto ci si potrà disconnettere e fermare la macchina virtuale ed una volta tolte le impostazioni aggiunte nella sezione Cloud-Init aggiunte per poterla personalizzare, la si potrà trasformare in template dall'interfaccia web di Proxmox o con il comando:

qm template 4242

A questo punto si potranno generare delle nuove macchine virtuali a partire dal template in maniera praticamente istantanea creando un clone, sia dall'interfaccia web di Proxmox che con un comando come:

qm clone 4242 308 --name nuovavm

Una volta creato un clone potremo riconfigurarlo a piacere per l'uso delle risorse (aumentando la RAM, le CPU virtuali e dimensione del disco) sia dalla sezione Hardware dell'interfaccia web di Proxmox che dalla riga di comando con qualcosa del tipo:

qm resize 308 scsi0 50G
qm set 308 --memory 2048
qm set 308 --socket 4

allo stesso modo si potranno impostare le caratteristiche pilotate da cloud-init, sia via web dalla sezione Cloud-Init, che da riga di comando; ad esempio si potrà configurare la rete con un comando come con qualcosa del tipo:

qm set 308 --ipconfig0 ip=192.168.XX.YY/24,gw=192.168.XX.1

mentre si potranno inoltre installare ulteriori chiavi SSH con qualcosa come:

qm set 308 --sshkey elencochiavissh.pub

dove elencochiavissh.pub è un file contenente un elenco di chiavi pubbliche (una per riga) che verranno abilitate per la macchina in questione (lo si può generare da una serie di file di chiavi con un comando tipo cat *.pub > elencochiavissh.pub).

Una volta completate le impostazioni controllate da cloud-init si potrà avviare la macchina virtuale com qm start 308 ed all'avvio della stessa verranno rigenerate le chiavi SSH, e tutti gli identificativi che devono essere diversi, e verranno create le configurazioni opportune. Si potranno poi cambiare le configurazioni in qualunque momento, e queste verranno applicate da cloud-init al riavvio successivo (si tenga presente però che quando si fanno queste modifiche le chiavi SSH che identificano il server vengono modificate, ed occorrerà riaccettarle o riverificarle di nuovo, in questo caso le relative fingerprint per la verifica vengono stampate sulla console della macchina virtuale).

Aggiornato da Simone Piccardi 6 mesi fa · 23 revisions