ProxmoxDebianCloudInit » Cronologia » Versione 19
Versione 18 (Simone Piccardi, 15-05-2024 17:02) → Versione 19/23 (Simone Piccardi, 15-05-2024 17:47)
h1. Debian su Proxmox con cloud-init "Proxmox VE":https://www.proxmox.com/en/proxmox-virtual-environment/overview è una potente piattaforma di virtualizzazione che consente di sostituire senza problemi, e senza costi di licenza, VmWare, supportando configurazioni avanzate, come clustering, HA, iperconvergenza, e molto altro. Ha inoltre il vantaggio di poter utilizzare sia le classiche macchine virtuali, su cui installare qualunque sistema operativo, che il nuovo approccio più veloce ed efficiente, dei container Linux. Dalla versione 5.x Proxmox ha aggiunto il supporto per la creazione e la configurazione automatica delle macchine virtuali utilizzando @cloud-init@ che consente di gestire direttamente dalla piattaforma le caratteristiche delle stesse (come indirizzi di rete, accessi SSH, ecc.). Vedremo come è possibile utilizzarlo per automatizzare la gestione di macchine virtuali installate con Debian, e come realizzare una immagine di installazione da usare come template per la creazione immediata di macchine virtuali pronte all'uso. h2. Uso dell'immagine cloud-init predisposta da Debian Una possibile scelta per l'uso da parte di Proxmox, è quella di scaricare una immagine pronta per il cloud fra quelle messe a disposizione direttamente da Debian. Sono disponibili infatti delle immagini non ufficiali, scaricabili a partire da https://cloud.debian.org/images/cloud. in particolare per Proxmox servono quelle denominate @genericloud@. Dato che le immagini non sono ufficiali, sono generate periodicamente, e si dovranno cercare nella opportuna sottodirectory. Ad esempio quelle per Debian 12 Bookworm si dovranno scaricare dalla sottodirectory @bookworm@ scegliendo in genere quella generata per ultima, in sostanza si dovrà andare a crecare in https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest. In questa directory ci sono diversi file, le immagini infatti sono generate per più piattaforme hardware, e per l'uso da parte di Proxmox occorrerà selezionarne una per amd64. Si può prendere sia quella nel formato @.raw@ che nel formato @.qcow2@, ma quest'ultima è preferibile per le minori dimensioni ed anche perché, se usata direttamente, è già pronta per le funzionalità avanzate di gestione da parte di Proxmox, come gli snapshot. Pertanto la si potrà scaricare con: <pre> wget https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest/debian-12-genericcloud-amd64.qcow2 </pre> insieme all'immagine si scarichi il file con le relative checksum: <pre> wget https://cloud.debian.org/images/cloud/bookworm/latest/SHA512SUMS </pre> e si passi a verificare il tutto con il comando: <pre> sha512sum -c SHA512SUMS --ignore-missing </pre> Come primo passo occorre creare una macchina virtuale, ne vanno impostate anzitutto memoria e tipo di rete, facendo riferimento ad una (o più) delle interfacce di bridge disponibili (a seconda di dove la si vuole creare di default, il bridge potrà comunque essere cambiato in seguito, e se ne possono indicare più di uno se servono più interfacce), questo si fa, utilizzando un VMID non allocato, con: <pre> qm create 4242 --memory 1024 --net0 virtio,bridge=vmbr0 # --net1 virtio,bridge=vmbr1 #, etc. </pre> poi si potrà ottenere il disco della nostra macchina virtuale importando nello storage di Proxmox l'immagine scaricata, in questo caso se si sta usando LVM come backend per i dischi associato allo storage @local-lvm@ (come avviene in una installazione di default) lo si potrà fare eseguendo: <pre> root@proxmox ~ # qm importdisk 4242 debian-12-genericcloud-amd64.qcow2 local-lvm importing disk 'debian-12-genericcloud-amd64.qcow2' to VM 4242 ... Logical volume "vm-4242-disk-0" created. transferred 0.0 B of 2.0 GiB (0.00%) transferred 20.5 MiB of 2.0 GiB (1.00%) ... transferred 2.0 GiB of 2.0 GiB (100.00%) Successfully imported disk as 'unused0:local-lvm:vm-4242-disk-0' </pre> (si potrà usare al posto di @local-lvm@ qualunque altro tipo di storage configurato su Proxmox). Questo creerà l'immagine del disco con lo stesso schema di denominazione usato nella creazione delle macchine virtuali dall'interfaccia web (@vm-4242-disk-0@), convertendo il contenuto del file scaricato (si possono convertire tutti i formati supportati da @qemu-img@, primi fa tutti @.raw@ e @.qcow2@), per poter usare il disco nella macchina virtuale precedentemente creata occorrerà poi collegarcelo, con il comando: <pre> root@proxmox ~ # qm set 4242 --scsihw virtio-scsi-pci --scsi0 local-lvm:vm-4242-disk-0,discard=on update VM 4242: -scsi0 local-lvm:vm-4242-disk-0,discard=on -scsihw virtio-scsi-pci </pre> (si ometta il @,discard=on@ se lo storage utilizzato non supporta l'uso di discard). Si potranno poi impostare le ulteriori caratteristiche della macchina virtuale per l'uso di @cloud-init@ con: <pre> qm set 4242 --ide2 local-lvm:cloudinit qm set 4242 --boot c --bootdisk scsi0 </pre> che predispone l'avvio dall'immagine CD usata da cloud-init per passare le configurazioni alla macchina, forza l'uso dello stesso e del disco appena collegato per l'avvio e riporta la console via seriale (dato che questa è la configurazione adottate nelle immagini cloud come quella che abbiamo usato). Si può anche assegnare un nome alla macchina con @qm set 4242 --name templimg@, questo può essere impostato anche in sede di creazione aggiungendo a @qm create@ l'opzione @--name templimg@. A questo punto dall'interfaccia web si potrà utilizzare la sezione _Cloud-Init_ relativa alla macchina, e caricare una chiave SSH per l'accesso (_Cloud-Init->SSH-Public-Key->Edit->Load SSH Key File_). Se poi, come nel nostro caso, si vogliono fare delle modifiche all'immagine prima di trasformarla in template, le si dovrà assegnare un IP e farla partire, l'immagine fornita da Debian infatti non consente un accesso dalla console (tutti gli utenti sono bloccati senza password) per cui la console può essere utilizzata solo per accertarsi di quando il processo di boot è finito e si può provare a collegarsi con SSH. L'unico possibile accesso alla macchina infatti è via SSH con autenticazione a chiavi, usando la chiave corrispondente a quella che si è caricata come descritto in precedenza. Inoltre l'accesso a @root@ è bloccato (la chiave viene riconosciuta, ma usata per stampare il messaggio di collegarsi con utente debian) e l'unico utente disponibile è @debian@ (anche se questo può essere cambiato nella sezione _Cloud-Init_ relativa alla macchina). Si potrà pertanto entrare sulla macchina con @ssh debian@IND.IP.DEL.SERVER@ e poi eseguire @sudo -s@ per ottenere una shell di root. Dato che questa politica prevede un inutile passaggio attraverso un utente intermedio che ha comunque accesso illimitato via @sudo@, non dà di per sé nessuna garanzia di sicurezza maggiore rispetto ad un accesso diretto a @root@, al prezzo di complicare le cose per fare operazioni remote, ad remote (ad esempio fare delle copie di file con @scp@ quando queste devono degli @scp@) qualora questi debbano essere effettuate effettuati coi privilegi di amministratore sulla macchina stessa. Pertanto è opportuno si provvederà a ripristinare una configurazione che consenta l'accesso a @root@ con autenticazione a chiavi. Per far questo una volta collegati e ottenuta la shell di @root@ il primo passo sarà quello modificare la configurazione di @cloud-init@ aggiungendo in @/etc/cloud/cloud.cfg.d@ un ulteriore file di configurazione (ad esempio @/etc/cloud/cloud.cfg.d/09_enableroot.cfg@) @/etc/cloud/cloud.cfg.d/09_enableroot.cfg@ una riga che imposto con @disable_root@ da @true@ a @false@. Il @false@ (il file è in formato YML, e si può usare YML) con un contenuto come il seguente, che soprassiede la configurazione di default di @/etc/cloud/cloud.cfg@ (i file inseriti in @/etc/cloud/cloud.cfg.d/@ sovrascrivono i default): @/etc/cloud/cloud.cfg@: <pre> # If this is set, 'root' will not be able to ssh in and they # will get a message to login instead as the above $user (debian) disable_root: false </pre> inoltre occorrerà eliminare dall'@authorized_keys@ di @root@ root il prefisso che ne blocca l'accesso alla chiave che abbiamo impostato per entrare (che non viene modificato anche se si è cambiata la configurazione di @cloud-init@), l'accesso, cancellando tutta la parte: <pre> no-port-forwarding,no-agent-forwarding,no-X11-forwarding,command="echo 'Please login as the user \"debian\" rather than the user \"root\".';echo;sleep 10" </pre> lasciando solo i dati della chiave a partire da @ssh-rsa@. Si verifichi poi il funzionamento della modifica eseguendo un accesso diretto collegandosi con @ssh root@ID.DE.LA.MACCHINA@ e ci root@ID.DE.LA.MACCHINA@. Ci si ricordi poi di mettere una password di @root@ a root per potersi collegare in con la console sulla piattaforma di virtualizzazione, eseguendo @passwd@. A questo punto si potrà passare alle eventuali ulteriori personalizzazioni (ne parleremo più avanti) prima di trasformarla in un template (ne riparleremo più avanti). template. h2. Creazione di una immagine cloud-init a partire da una installazione ordinaria. L'immagine preparata da Debian di cui che abbiamo appena parlato fornisce visto consente di ottenere immediatamente un sistema già installato e pronto all'uso di @cloud-init@. Benché le molte delle personalizzazioni del sistema cui accenneremo che vedremo più avanti siano comunque applicabili, applicabili anche questo caso, esistono delle scelte di installazione fatte nella realizzazione dell'immagine che non è possibile modificare in un secondo tempo. Ad esempio il partizionamento del disco, che non prevede una swap, e che mette la directory per EFI in una partizione in coda al disco, cosa che rende più complicata l'espansione dello stesso, oppure l'uso del filesystem @ext4@, che si potrebbe voler sostituire con @btrfs@ o @xfs@. Inoltre la configurazione della rete nell'immagine si appoggia a @netplan@, che non è detto si voglia utilizzare rispetto allo standard delle installazioni ordinarie (la configurazione in @/etc/network/interfaces@). Per questo vedremo Vedremo allora come si può creare una immagine configurata personalizzata per l'uso con di @cloud-init@ partendo a partire da una installazione ordinaria di Debian, che potremo fare nella modalità che più ci aggrada. La complessità in Debian. In questo caso è maggiore, dovendo fare l'installazione, ma la flessibilità assumeremo che si può ottenere è nettamente superiore. Pertanto assumeremo di avere installato sia installata su Proxmox una macchina virtuale con Debian con il a partire dal CD per l'installazione l'insallazione via rete (il cosiddetto @netinst@) seguendo @netinst@). Per i passi che trattati dettagli di questa modalità di installazione si rimanda a quanto trattato in [[Installare una VM Debian su Proxmox|questo articolo]]. articolo]], in cui se ne illustrano tutti i passi. Assumeremo che l’installazione sia stata fatta nella maniera illustrata nell'articolo citato, ricordando che è in quella fase che è possibile cambiare le modalità di partizionamento del disco e l'eventuale filesystem di installazione. Le scelte specifiche che si dovranno fare in fase di installazione di Debian sono: * si imposti per @root@ una password provvisoria per l'accesso, la si potrà rimuovere in seguito, e reimpostare con @cloud-init@ * si crei un utente ordinario: @debian@ (o altro, andrà comunque cancellato) * si configuri la rete nella maniera più semplice per poter accedere sulla macchina (anche usando un eventuale DHCP), poi verrà gestita da @cloud-init@ * si scelga il partizionamento manuale del disco, su cui: ** creare una prima partizione primaria di circa 4G come swap ** creare una eventuale seconda partizione primaria se si vuole usare EFI (non necessaria con i default per il bios virtuale di Proxmox) ** creare una ultima partizione primaria con resto del disco da usare come radice * si scelga nella schermata di "Selezione del software" solo "Server SSH " e "Utilità di sistema standard" (il resto si installerà dopo). In questo modo si avrà un disco partizionato in modo da avere la partizione di sistema in coda al disco, cosa che ne consente una facile espansione, permettendo a @cloud-init@ di allargarla automaticamente una volta che si sia allargato il disco dall'interfaccia di Proxmox. Completata l’installazione di base si potrà passare a preparare l'immagine del server. Dato che l’installazione di default blocca l’accesso in SSH a @root@ con la password, o si usa l’utente ordinario @debian@ creato in fase di installazione e poi si ottiene una shell di root con @su@ o @sudo@, o ci si collega a @root@ sulla console via web. Tutte le operazioni seguenti sono da eseguirsi collegati come @root@, se le si vogliono effettuare passando da una connessione SSH occorrerà abilitare da subito l’accesso a @root@ anche con le password, inserendo dentro @/etc/ssh/sshd_config.d/root.conf@: <pre> # enable root password access PermitRootLogin yes </pre> e riavviare @sshd@ con @service ssh restart@. Non è necessario configurare in questa fase l’uso di chiavi SSH, queste possono essere impostate in qualunque momento successivo tramite @cloud-init@. Una volta che ci si sia ricollegati con successo usando direttamente @root@ (dalla console o SSH), si potrà cancellare l'utente @debian@ usato per l'accesso iniziale che non serve più: <pre> userdel -r debian </pre> A questo punto si potrà installare il pacchetto @cloud-init@, e configurare il programma. Dato che questo di default impiega @resolvconf@ per la configurazione della rete sarà necessario installare anche questo pacchetto, in sostanza occorrerà eseguire: con: <pre> apt install cloud-init resolvconf </pre> Si tenga conto che per poter poterli installare i pacchetti la rete deve essere accessibile quindi la macchina deve essere stata configurata correttamente per avere un gateway di uscita uscita, ed inoltre occorre avere un un default per il DNS funzionante (che deve esser stato impostato, a meno di non avere un DHCP sulla rete che configura le interfacce, durante l'installazione). In generale si potrà sempre impostare manualmente un server DNS valido manualmente in @/etc/resolv.conf@, @/etc/resolv.conf@ con un comando come @echo nameserver 1.1.1.1 > /etc/resolv.conf@. Una volta installato il pacchetto Come nel caso precedente occorrerà impostare la configurazione di @cloud-init@ per mantenere l'accesso diretto a @root@. Inoltre avendo eliminato l'utente ordinario @debian@, per evitare che venga ricreato ad ogni riavvio, come previsto nel default della configurazione, occorre anche disabilitarne l'uso. Tutto questo potrà essere fatto aggiungendo un file @/etc/cloud/cloud.cfg.d/99_local.cfg@ con un contenuto come: <pre> # If this is set, 'root' will not be able to ssh in and they # will get a message to login instead as the above $user (debian) disable_root: false # A set of users which may be applied and/or used by various modules # when a 'default' entry is found it will reference the 'default_user' # from the distro configuration specified below users: - root </pre> dove di nuovo si blocca la disabilitazione di @root@ e si indica quest'ultimo come unico utente da avere. creare. Infine andrà modificato il file di configurazione delle interfacce di rete @/etc/network/interfaces@ per evitare che le voci inserite durante l'installazione interferiscano con quelle generate da @cloud-init@, che di default usa per la configurazione di rete il file in @50-cloud-init.cfg@ sotto @/etc/network/interfaces.d/@. In particolare va rimossa la configurazione di tutte le interfacce di rete presenti in @/etc/network/interfaces@, tranne @lo@ (l'interfaccia di loopback per il localhost), che però va spostata in cima al file perché non sovrascriva quella di @cloud-init@ che imposta su questa interfaccia i DNS con @resolvconf@. In sostanza @/etc/network/interfaces@ dovrà essere qualcosa del tipo: <pre> # This file describes the network interfaces available on your system # and how to activate them. For more information, see interfaces(5). # The loopback network interface auto lo iface lo inet loopback source /etc/network/interfaces.d/* </pre> Una volta fatto questo l'immagine del sistema e pronta e per poterla usare con @cloud-init@ si potrà procedere a creare l'immagine ISO per la gestione dei dati di @cloud-init@ da parte di Proxmox come nel caso precedente, con: con <pre> qm set 4242 --ide2 local-lvm:cloudinit </pre> Come ultimo passo e si potrà provare ad impostare di nuovo i parametri della rete dall'interfaccia di Proxmox, per poi avviare la macchina per verificarne il funzionamento. Si rimuova eventualmente @/etc/ssh/sshd_config.d/root.conf@ se non si vuole consentire più l'accesso a password con SSH. h2. Personalizzazione dell'immagine, creazione ed uso di un template Qualunque sia la modalità con cui si sia realizzata l'immagine @cloud-init@, una volta che si è verificato il suo corretto funzionamento, e ci si è collegati alla stessa, stessa si potranno effettuare tutte le eventuali ulteriori personalizzazioni volute della macchina prima di trasformarla in template, come l'installazione di pacchetti aggiuntivi, la creazione di utenti specifici (questi potrebbero comunque essere gestiti anche tramite @cloud-init@), modifiche alle cambi di configurazione, ecc. Tutte queste modifiche faranno parte del template e si ritroveranno già pronte sulle macchine ottenute dallo stesso. Una volta completate le personalizzazioni è opportuno occorrerà ripulire l’immagine da tutti i dati spuri, cancellare la cache di APT, svuotare i file di log, ecc. Per questo si sconnetta e ci si riconnetta (sempre come @root@) eseguendo il comando: <pre> # set +o history </pre> che consente di per disabilitare la history, che cancelleremo insieme a tutto il resto, eseguendo i comandi: <pre> > .bash_history apt clean find /etc -name "*~" -delete journalctl --rotate journalctl --vacuum-time=1s fstrim / cd /var/log/ > syslog > auth.log > cloud-init.log > cloud-init-output.log > debug > dpkg.log > messages > kern.log > user.log > daemon.log > installer/syslog > wtmp > btmp </pre> A questo punto ci si potrà disconnettere e può fermare la macchina virtuale ed una volta tolte le impostazioni aggiunte nella sezione _Cloud-Init_ aggiunte per poterla personalizzare, la si potrà trasformare in template dall'interfaccia web di Proxmox o con il comando: <pre> qm template 4242 </pre> A questo punto si potranno generare delle nuove macchine virtuali a partire dal template in maniera praticamente istantanea creando un clone, sia o dall'interfaccia web di Proxmox che o con un comando come: il comando: <pre> qm clone 4242 308 --name nuovavm </pre> Una volta creato un clone A questo punto potremo riconfigurarlo riconfigurare a piacere per l'uso delle risorse (aumentando la RAM, le CPU virtuali sia via web (reimpostando RAM e dimensione del disco) sia disco dalla sezione _Hardware_ dell'interfaccia web di Proxmox _Hardware_) che dalla riga da linea di comando con qualcosa del tipo: <pre> qm resize 308 scsi0 50G qm set 308 --memory 2048 qm set 308 --socket 4 </pre> allo stesso modo si potranno impostare e poi impostandone le caratteristiche pilotate da @cloud-init@, sia via web dalla (dalla sezione _Cloud-Init_, _Cloud-Init_) che da riga di comando; ad esempio si potrà configurare la rete con un comando come con qualcosa del tipo: <pre> qm set 308 --ipconfig0 ip=192.168.XX.YY/24,gw=192.168.XX.1 </pre> mentre si potranno inoltre installare ulteriori chiavi SSH con qualcosa come: con: <pre> qm set 308 --sshkey elencochiavissh.pub </pre> dove @elencochiavissh.pub@ è un file contenente un elenco di chiavi pubbliche (una per riga) che verranno abilitate per la macchina in questione (lo si può generare da una serie di file di chiavi con un comando tipo @cat *.pub > elencochiavissh.pub@). Una volta completate le impostazioni controllate da @cloud-init@ si potrà avviare la macchina virtuale com @qm start 308@ ed all'avvio della stessa verranno rigenerate le chiavi SSH, e tutti gli identificativi che devono essere diversi, e verranno create le configurazioni opportune. Si potranno poi cambiare le configurazioni in qualunque momento, e queste verranno applicate da @cloud-init@ al riavvio successivo (si tenga presente però che quando si fanno queste modifche le chiavi SSH che identificano il server vengono modificate, ed occorrerà riaccettarle o riverificarle di nuovo, in questo caso le relative fingerprint per la verifica vengono stampate sulla console della macchina virtuale).